ZIGNAGO. DOVE IL TEMPO PARE ESSERSI FERMATO
Parte seconda
Siamo nell’estate del 2012, mese di luglio: sul monte Zignago, poco sopra l’abitato di Pieve, riprendono gli scavi del villaggio medioevale, iniziati nel 1978 dal professor Tiziano Mannoni e proseguiti fino al 1986. Nel 1976 era nato a Genova l’ISCUM, Istituto di Storia della Cultura Materiale, promosso dallo stesso Mannoni, al quale sono affidati in un’ottica di continuità della ricerca i nuovi interventi previsti dal progetto “Accessit”, realizzato dalla Regione Liguria nell’ambito del programma operativo di cooperazione transfrontaliera Italia – Francia 2007/2013. Due anni prima, nel 2010, il professore si era spento a Genova senza poter assistere alla nuova stagione di scavi che vedranno fra l’altro la partecipazione di quindici studenti di diverse Università. Viene a mancare una grande figura di riferimento, lo studioso propugnatore della archeologia globale, un grande ricercatore visto talora con diffidenza dal mondo universitario ma anche una persona semplice capace di rapportarsi sia a quel mondo che alle persone comuni. In Val di Vara ancora oggi il professore è ricordato con affetto e stima e il piccolo Comune di Zignago, passato agli onori della cronaca grazie alle sue ricerche, si onora di avergli conferito la cittadinanza onoraria come rileva con una punta di commozione l’attuale sindaco Simone Sivori.
Lo scavo del 2012 chiude anche idealmente un trentennio di ricerche che hanno visto impegnati studiosi cresciuti sul campo con Tiziano Mannoni e altri appartenenti alla seconda generazione che ebbero il professore come insegnante all’Università degli Studi di Genova. Nella relazione finale degli scavi, a corredo di una corposa e attenta pubblicazione, Enrico Giannichedda, uno degli allievi di Mannoni, racconta “… Zignago, con i suoi scavi, fu sul finire degli anni Settanta inizi anni Ottanta, un laboratorio metodologico a cielo aperto, un luogo di incontro degli archeologi della prima generazione con studiosi di altre scuole (gli inglesi ) e con i primi precoci allievi…”.
Visitando la piccola mostra permanente storico – archeologica di Pieve, dedicata al professor Mannoni, ci immergiamo idealmente in cinquemila anni di storia come ci ricordano i pannelli che illustrano i vari periodi della presenza dell’uomo. Mannoni aveva capito fin dai primi sopralluoghi l’importanza di questo territorio dove è inutile cercare oggi un borgo di nome Zignago: tutti i paesi del Comune, dei quali campeggiano nell’ultima stanza della mostra le foto, non richiamano questo toponimo. Eppure un insediamento abitativo di nome Zignago è esistito davvero, come ci confermano le fonti documentali, fra il XIII e il XIV secolo ed è di questo che vi vogliamo parlare.
Lungo la strada sterrata che ricalca l’antica mulattiera che da Pieve porta al borgo di Serò, nel corso di un sopralluogo, i ricercatori dell’ISCUM trovano nel 1977 i resti di un villaggio medioevale. A quel tempo il piccolo rilievo conosciuto come monte Zignago si presentava spoglio di vegetazione come si può desumere da fotografie dell’epoca: quello è il locus Zignaculi documentato una prima volta nel 1273 e successivamente nel 1276 insieme al locus Serre maioris. Questa seconda località corrisponderebbe secondo la tradizione popolare al castello di Serra Maggiore che sorgeva fra Torpiana e Valgiuncata. Con il definitivo abbandono dell’insediamento nel XIV secolo si sviluppa il nuovo nucleo abitato a valle anche se la chiesa di S.Pietro di Cornia, antica pieve della Diocesi di Luni da cui prende il nome il paese attuale, è documentata fin dal XII secolo e quindi molto prima della scomparsa di Zignaculo, successivamente volgarizzato in Zignago, ad indicare l’intero comprensorio.
Perché l’abbandono dell’antico nucleo abitato? I primi scavi avevano messo in evidenza edifici incendiati ma le indagini del 2012 hanno in parte cambiato questo convincimento: un incendio probabilmente pianificato era in effetti avvenuto ma non aveva interessato l’intero villaggio in quanto l’abbandono di alcune abitazioni fu precedente a quell’accadimento. L’erosione dei versanti ha fatto nel tempo il resto impedendo di poter ricostruire oggi nella sua interezza il borgo medioevale. La parte sommitale era occupata con ogni probabilità da una torre di avvistamento e al di sotto si trovavano su piccoli terrazzamenti le abitazioni e più a valle le stalle, collocate in prossimità della antica percorrenza medioevale. Lo scavo del 2012 ha cambiato anche il convincimento che le abitazioni e le strutture ad essere collegate fossero disposte in modo casuale seguendo la conformazione del terreno. In effetti l’area residenziale possedeva case a un solo piano, con copertura a ciappe, affacciate su un percorso interno che portava alla sommità del monte e allineate a schiera. Allevamento e piccoli lavori artigianali rappresentavano l’impegno quotidiano degli abitanti che disponevano di cani per difendersi dai lupi, presenti anche a quel tempo, come dimostra la museruola con punte in ferro rinvenuta durante gli scavi. Altra curiosità di vita quotidiana: il piatto tipico era rappresentato da focaccette cotte su testi di terracotta secondo una tradizione millenaria arrivata fino ai giorni nostri. Infine monete databili fra il XIII e il XIV secolo provenienti dalla Zecca di Genova testimoniano del rapporto privilegiato con questa città dopo la cacciata, da parte della popolazione, dei Malaspina e la distruzione del castello che secondo la tradizione doveva trovarsi come la torre sulla sommità del monte Zignago. Questo episodio avviene poco prima del 1273, anno di sottoscrizione dell’accordo con Genova alla quale il territorio rimarrà fedele nei secoli. Carlo Caselli nel suo libro “Il Viandante” parla in effetti di un castello e della uccisione del marchese da parte di un certo Bogo che gli lanciò da una balestra un sasso. Gli eredi del liberatore furono chiamati dopo quell’episodio con il soprannome di Balestra.
Chiudiamo con una curiosità. A chi era affidato il comando del villaggio? Si ritiene che a capo della comunità ci fosse un castellano ovvero dei consoli con pieni poteri cui era demandato anche il controllo del commercio. Alla domanda dove erano diretti i mercanti di quel tempo la risposta è fornita dai documenti che raccontano la viabilità medioevale: dallo Zignago transitava una importante arteria che dalla Riviera conduceva, passando per Pontremoli, in Val Padana. Prima ancora, fino alla dominazione romana, il percorso, pur avendo un andamento diverso in quanto seguiva i crinali dalla foce della Magra all’Appennino, collegava il mare alla valle del Po. Contrariamente a quanto si possa comunemente ritenere Tiziano Mannoni pensava che i Liguri antichi, oltre che allevatori e mercenari, fossero anche bravi mercanti avendo appreso quest’arte da Greci ed Etruschi. Resta il fatto che lo Zignago e la sua orgogliosa comunità ha rappresentato nel corso dei millenni un crocevia importante, un luogo dove il tempo e la storia si sono davvero fermati, un territorio del quale dobbiamo essere fieri.