L'ECCIDIO DIMENTICATO. QUANDO CARPENA VOLLE OPPORSI AL DOMINIO GENOVESE PERDENDO L'EGEMONIA SUL GOLFO DELLA SPEZIA

 L’ECCIDIO DIMENTICATO. QUANDO CARPENA VOLLE OPPORSI AL DOMINIO GENOVESE PERDENDO L’EGEMONIA SUL GOLFO DELLA SPEZIA.

Carpena, documentata negli Annali di Caffaro già nel 1165, si presenta oggi come un piccolo borgo addossato a una collina sulla quale si ergeva un tempo un castello del quale rimangono pochi resti riportati alla luce grazie agli scavi condotti fra il 2004 e il 2005 e ad un successivo intervento conservativo.
Carlo Caselli nel suo “Lunigiana Ignota” edito nel 1933 racconta, dopo aver visitato il paese, “Nel territorio di Riccò del Golfo si trova Carpena, che ha un passato ed era grande quando La Spezia non era che un piccolo casale. Ora che la Spezia s’è fatta grande, Carpena è un povero villaggio di poche case coloniche aggrappate intorno ad una chiesetta posta sulla vetta del monte, che s’eleva a forma di pan di zucchero tra i monti Parodi e Bermego”.
Nel 1165 Enrichetto, padrone di Carpena, si schiera con Pisa nella guerra a Genova ed è costretto a lasciare in fretta e furia il castello prima dell’arrivo di Simon Doria che, sbarcato nottetempo all’approdo di Vernazza con una folta schiera di armati, risale a Carpena percorrendo l’antico tracciato per Portovenere. La conseguenza è l’incendio del primitivo castrum che sarà successivamente ricostruito.
Nel XII secolo Carpena diventa sede di un podestà con giurisdizione su un ampio territorio, incluso il borgus Spedie. Nel 1221, durante la signoria di Giovanni della Turca, entra nell’orbita genovese cui seguiranno nei decenni successivi momenti di forte conflittualità verso la Serenissima. Dapprima il cardinale Ottobono Fieschi acquista il castello, poi Oberto Doria espugna e incendia la roccaforte della Spezia elevando Carpena a podesteria nel 1273 con giurisdizione sul golfo, le Cinque Terre e parte della bassa Val di Vara. Tutto questo fu la conseguenza della creazione fra il 1256 e il 1273 di una signoria sotto Nicolò Fieschi in contrapposizione alla Repubblica di Genova.
La situazione muta profondamente con Simon Boccanegra, doge genovese, che nel gennaio 1343 crea la podesteria della Spezia acquisendo buona parte del territorio di Carpena. E’ un colpo mortale per i carpenesi che si erano illusi di poter rendersi autonomi e che invece si ritrovano con una podesteria fortemente ridimensionata e privata dell’accesso al golfo: da qui il rancore nutrito verso gli spezzini che nel 1371 si traduce in un’aspra contesa fomentata volutamente dai Genovesi. L’8 giugno di quell’anno, nonostante gli accordi stipulati fra le parti nella cattedrale di S.Maria alla Spezia con la creazione del Vicariato della Riviera di Levante, avviene la definitiva rottura. Per Carpena è l’inizio di un lento ma inesorabile declino con la perdita di privilegi e concessioni rispetto alla emergente Spezia. Nel 1411 l’antica e gloriosa podesteria, da sempre animata da spirito di autonomia, si allea con la Repubblica di Firenze che sarà sconfitta dai Genovesi rinunciando alla politica di espansione verso la Liguria. Per Carpena è arrivata davvero la fine. Il capitano del Popolo Antonio Doria inviato da Genova sbarca a Vernazza con sette galee e ben 1500 uomini e risale la montagna per portarsi a Carpena dove, dopo aver cercato una trattativa con gli anziani, aiutato dagli uomini della Spezia, prende d’assedio il borgo che dopo una eroica resistenza capitola. E’ l’ aprile del 1412: Carpena è rasa completamente al suolo. Rimangono uccisi 500 carpenesi e 22 caduti prigionieri vengono impiccati agli alberi delle galee del Doria ancorate nel Golfo. E’ la fine della egemonia di Carpena sul Golfo della Spezia.
Un secolo dopo la distruzione del castello nel borgo viene alla luce Antonio da Carpena allievo di Raffaello Sanzio, figlio di Giovanni Maria, conosciuto come il Carpenino. Dopo tante tragedie quella che fu per secoli una grande podesteria torna agli onori della cronaca per aver dato i natali a un grande pittore che nel soprannome ricorda la sua nobile origine. Nel frattempo ai pochi superstiti dell’eccidio viene sottratto ogni avere ed impedito di tornare a vivere a Carpena; non è un caso, come giustamente rileva Luciano Bonati ripercorrendo la storia dell’antica podesteria, che quelle persone private di tutto siano andate a popolare il borgo di Castè, posto poco più a valle.
Oggi sul colle dove un tempo sorgeva un potente castello i resti di quella che fu a lungo la capitale di questo territorio sono testimoni silenziosi di una tragedia dimenticata che vogliamo qui invece ricordare: allora il desiderio di libertà di una piccola e orgogliosa comunità fu calpestato con un eccidio che non ha mai fatto onore ai vincitori. Giovanni, che abita nella canonica attigua alla chiesa parrocchiale poco lontana dalla sommità del colle, dal quale lo sguardo spazia verso le Alpi Apuane e il Golfo, è divenuto nel tempo il depositario di questo luogo, custodito con amore e rispetto, dove le pietre sono a ricordare un glorioso passato e la fine di una utopia terminata nel sangue.


Nella foto il borgo di Carpena con la collina dove un tempo si ergeva il castello. Oggi sull'area si trovano la chiesa parrocchiale e il sito archeologico con i resti del castrum.

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