QUEL BORGO CHIAMATO ROTOMOLA. IL CORAGGIO DELLA MEMORIA
Così Gino Bellani, figlio illustre della Val di Vara, pittore e archeologo per passione, descrive il borgo di Casale in Comune di Pignone “….Sorge sulla sponda sinistra del torrente omonimo all’imbocco di una rigogliosa e ridente vallata: vi si accede per un antico ponte in muratura a due arcate…”. Oggi quel ponte non esiste più al pari di quello posto a nord dell’abitato chiamato “Di Sottovilla”, settecenteschi entrambi. L’alluvione del 25 ottobre 2011 che ha interessato parte della Val di Vara e delle Cinque Terre ha spazzato via in poche ore secoli di storia, cancellato per sempre testimonianze del passato arrivate fino ai nostri giorni, cagionando altresì gravissime perdite umane.
Alcuni episodi accaduti quel giorno e nelle settimane successive hanno dell’incredibile e meritano di essere raccontati. Nel primo pomeriggio, dopo alcuni sinistri presagi, la piena del torrente Casale distrugge inesorabile i due ponti e la furia delle acque, arrivata in paese, si accanisce sull’oratorio di Nostra Signora della Neve restaurato pochi anni prima grazie all’impegno del parroco don Attilio Battolla e della piccola comunità. L’abside è spazzata via e insieme a lei il piccolo museo ospitato all’interno, con la raccolta di rari minerali provenienti dal vicino bacino estrattivo di manganese di Cerchiara dismesso nel 1947 e i vestimenti utilizzati dai confratelli durante le processioni. Anche il crocefisso datato al XIV secolo va perduto e mesi più tardi ne sarà recuperato un piccolo frammento. Quest’opera di grande pregio artistico era ricoverata da anni nell’oratorio nel totale anonimato e grazie al dottor Piero Donati, all’epoca funzionario presso la Soprintendenza ligure, era stata riportata alla luce e sottoposta a un sapiente restauro.
Quello che accadde nella vicina chiesa di S.Martino, colpita anch’essa dalla furia delle acque, ha dell’incredibile. Facciamo un passo indietro e raccontiamo la sua storia. L’originario impianto in stile romanico è stato sostituito nel XVII secolo dall’attuale chiesa. Non sappiamo quando e perché fu fatta la scelta di titolarla a San Martino rispetto all’originario San Pietro ma è plausibile che tale cambiamento sia avvenuto alcuni secoli addietro. Il più antico registro datato 1294 della Curia vescovile di Brugnato, alla quale apparteneva un tempo la chiesa, parla in effetti di San Pietro di Rotomola. Dovete sapere che il toponimo Casale compare solo in epoca recente se è vero, come comprovato dagli archivi storici, che la località era conosciuta con il toponimo di Rotomola e come tale figura nel 1456. Solo due secoli dopo troviamo Casale che resterà tale fino ai nostri giorni.
Prima di entrare a curiosare all’interno della parrocchiale è bene conoscere un altro scampolo di storia: durante la dominazione napoleonica Casale fu sede comunale con giurisdizione su Pignone e Cassana, quest’ultima successivamente aggregata al Comune di Borghetto di Vara. E’ indubbio che i rapporti fra la comunità pignonese e quella di Casale siano stati improntati nel corso dei secoli ad una storica contrapposizione che trova motivo non esclusivamente nel temporaneo passaggio della sede municipale da un borgo all’altro. Oltre all’aver seguito destini diversi, Pignone importante pieve sotto i Vescovi di Luni e Casale fedelissima roccaforte della diocesi di Brugnato, c’è da aggiungere che i dialetti ancor oggi parlati sono notevolmente diversi fra loro, variando dal lunigianese che richiama la parlata pignonese al ligure di levante ancor oggi usato a Casale che ci riporta alla influenza della Repubblica di Genova. Il rapporto con i Francesi durante il periodo napoleonico fu per i casalesi particolarmente forte e un episodio in particolare ne è la riprova. Esaminando l’archivio storico del Comune di Pignone e in particolare i carteggi dell’Italia preunitaria troviamo un Beltrando Bertolotto di Casale ufficiale della cavalleria francese morto a Bayonne.
Visitando la chiesa di S.Martino è facile intuire l’importanza di questo borgo fortificato nei secoli trascorsi. Un quadro di scuola genovese, salvato al pari degli altri alla furia devastatrice delle acque e restaurato grazie all’allora Soprintendenza per i Beni storici, artistici ed etnoantropologici della Liguria, ci ricorda grazie a uno stemma la nobile famiglia dei Raggi, originari di questo territorio, emigrati a Genova dove svolsero un influente ruolo all’interno della Serenissima. Le scene della passione di Cristo che compongono la Via Crucis, solo in parte recuperate, risultano stampate nell’Ottocento addirittura a Parigi.
Su un altare posto a sinistra entrando fanno bella mostra due statue lignee opera di un anonimo scultore altoatesino risalenti al XX secolo, raffiguranti l’una Santa Barbara, venerata dai minatori, l’altra la Madonna della Neve che al momento della alluvione si trovavano all’interno dell’oratorio. Il loro recupero ha qualcosa di miracoloso. Santa Barbara viene ritrovata pochi giorni dopo a valle del paese: sarà restaurata come altre opere d’arte grazie a provvidenziali donazioni di enti pubblici e privati. La vicenda della statua della Madonna della Neve ha dell’incredibile e qualcuno ha parlato, a giusta ragione, di un piccolo miracolo. Dopo dieci giorni, quando già era data per perduta, viene ritrovata mutila della testa del bambin Gesù in un capannone a Padivarma, molti chilometri a valle, dove il gruppo teatrale e musicale degli Scarti della Spezia conservava il proprio materiale artistico. Sono i ragazzi del gruppo che rinvengono la statua e la consegnano al Comune di Pignone: un bel gesto di civiltà che merita di essere ricordato accanto al lavoro straordinario di tantissimi ragazzi e ragazze che per settimane hanno collaborato qui e in altre località alla ricostruzione. I giovani, arrivati a decine dalla provincia ma anche da altre località, hanno rappresentato il valore aggiunto che ha consentito di affrontare quella tragedia con determinazione e in rapporto sinergico con le istituzioni.
Ma come spesso accade nei film la trama si arricchisce di un colpo di scena davvero singolare. Durante il lavoro di recupero delle opere d’arte all’interno della chiesa parrocchiale, rimaste accatastate sul fango accumulatosi sopra il pavimento, i vigili del fuoco coadiuvati da alcuni volontari procedono a rimuovere il grande quadro rimasto appeso alla parete dietro l’altar maggiore e lambito solo in parte dall’acqua arrivata a toccare quasi quattro metri di altezza. La parete, liberata dall’ingombro del quadro, anziché apparire spoglia, porta alla luce un affresco risalente al 1400, ancora in buono stato di conservazione che raffigura al centro S.Martino. La dottoressa Angela Acordon, all’epoca funzionaria della Soprintendenza genovese e oggi dirigente a Lucca, che aveva seguito fin dal 26 ottobre il recupero di tutte le opere d’arte sopravvissute alla calamità, si trova davanti al dilemma di togliere definitivamente dalla parete il quadro lasciando alla vista l’affresco: ha una idea singolare e per certi aspetti innovativa e grazie al contributo di due artigiani veronesi, padre e figlio, è costruito un apposito telaio mobile sul quale far ruotare all’occorrenza il quadro lasciando in bella mostra il dipinto. Durante le ricorrenze religiose, fuori dal canonico orario delle funzioni, rivolgendosi al responsabile del consiglio parrocchiale “autorizzato” a dialogare con quadro ed affresco, è possibile vedere S.Martino apparire come d’incanto. Per assurdo l’alluvione, portando via irrimediabilmente tanti tesori d’arte, ci ha consegnato un piccolo dono risalente a sei secoli fa.
Chiudiamo con una piccola curiosità su Rotomola, il cui ricordo è ormai consegnato agli appassionati di memorie passate, pochi per la verità. Rovistando nell’archivio storico comunale di Pignone è venuta fuori una vicenda singolare e piena di umanità. Diamo qui anticipazione di una storia inedita che speriamo possa andare in futuro alle stampe insieme a tante curiosità conservate oggi in faldoni e fascicoli che il sindaco Antonio Pellegrotti, sfortunato protagonista della alluvione del 2011 a Pignone, ha inteso anni orsono far raccogliere in un apposito archivio. Un atto di amore per la propria terra che ha finito per riservarci molte interessanti sorprese. Fra i nati del lontano 1884 troviamo Francesco Gregorio al quale viene imposto il cognome di Rotomola. Casualità? Non crediamo assolutamente. La madre naturale, la levatrice o addirittura il sindaco di allora pensarono bene di rivolgere alla storia per trovare un cognome appropriato al bimbo scegliendo quello di Rotomola, l’antico nome di Casale. La madre era nativa del borgo ed aveva pensato bene di lasciare una traccia delle sue origini e ciò avvenne puntualmente. Purtroppo quel singolare cognome è andato perduto avendo avuto Francesco Gregorio, divenuto adulto, cinque figlie femmine.
Nella foto la facciata della chiesa parrocchiale di S.Martino di Casale in Comune di Pignone