QUEL GIORNO CHE LA STORIA SI FERMO' A PIGNONE

 QUEL GIORNO CHE LA STORIA SI FERMO’ A PIGNONE

Quando nel lontano 1972 il professor Gino Bellani, docente presso la Scuola di avviamento professionale “Pontremoli” nel quartiere di Piazza Brin alla Spezia, pittore di fama nazionale e archeologo per passione, scrive un libriccino dal titolo “Pignone”, edito dall’Ente provinciale per il Turismo nella collana storico artistica dei Comuni della Provincia della Spezia diretta dal compianto Ferruccio Battolini, il territorio ligure – apuano vive un periodo di grande fermento culturale. Leggere quel contributo, semplice nella lettura e pieno di curiosità, a distanza di decenni, è uno stimolo a curiosare nelle pieghe della storia locale in particolare della Val di Vara alla conoscenza di luoghi, persone e aspetti spesso dimenticati. Il viaggio nel territorio, visto come riscoperta del nostro essere comunità, tocca questa volta il borgo di Pignone, dal 2010 Bandiera Arancione del Touring Club Italiano, attraverso la lettura della piccola guida del professor Bellani.
Ci soffermeremo su alcune interessanti curiosità con il pensiero rivolto a un amico carissimo recentemente scomparso, Alfredo Remedi, a lungo direttore di biblioteca presso il Comune di Genova che a Pignone, al pari di Gino Bellani, ha dedicato interessanti studi e ricerche. Tralasciamo di trattare del Castellaro ligure del quale abbiamo dissertato in una precedente occasione e parliamo questa volta della pieve di S.Maria Assunta, l’edificio più importante del borgo, fra le più interessanti testimonianze della Lunigiana storica e della antica Diocesi di Luni.
Citata per la prima volta in un privilegio papale del 1149 la pieve pignonese ebbe in origine giurisdizione su un ampio comprensorio comprendente parte dei territori di Vernazza, Riccò del Golfo, Beverino, Borghetto di Vara e Monterosso al Mare, conseguenza della preesistente presenza di un importante pagus romano. Riedificata nel 1339, come si evince da una iscrizione incisa all’interno dell’edificio, sopra una originaria struttura paleoromanica, la chiesa si presenta a pianta rettangolare con tre navate e campate quadrate, oggi voltate a botte ma originariamente caratterizzate dalla presenza di capriate lignee. Al di sotto del pavimento è stata accertata l’esistenza di un grande vano sotterraneo che ha messo in luce un vero e proprio cimitero riservato al clero e a personaggi importanti. La facciata, che conserva la sua originaria struttura in pietra, è contraddistinta da piccole sculture e da un grande rosone che costituisce uno dei motivi di maggior interesse insieme alla torre campanaria, precedente con ogni probabilità all’intervento trecentesco.
L’attuale edificio è frutto della ricostruzione operata nel XIV secolo di cui abbiamo parlato in precedenza e delle modifiche apportate nel XVIII secolo con l’aggiunta di nuovi altari che hanno alterato, per fortuna solo in parte, l’impianto originario.
In questa descrizione sintetica del complesso plebano pignonese vogliamo rammentare gli affreschi datati fra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento che impreziosiscono con una intensa varietà cromatica l’interno della chiesa dopo l’asportazione dello strato superficiale a calce.
Vorremmo ora soffermarci su un evento che ha dato lustro a Pignone e alla famiglia Fieschi alla quale si deve il primo e importante rifacimento della pieve: parliamo di un imperatore e di un viaggio dalla Germania a Roma per l’incoronazione. Gino Bellani racconta nella sua guida ”… Nel 1312, quando l’Imperatore Enrico VII di Lussemburgo scese in Italia pe sedare le discordie tra guelfi e ghibellini, nel percorrere la via costiera ligure da Genova per Sarzana, transitò per il borgo di Pignone e qui sostò per visitare la chiesa e per assistere alle funzioni pasquali…”. Informazione veritiera quella del Bellani che aveva attinto a precedenti fonti: Enrico VII era passato davvero da Pignone ma in febbraio e scopriremo il perché.
Nel 2001 l’amministrazione comunale dà alle stampe, con la fondamentale collaborazione dell’Istituto di Studi sui Conti di Lavagna, la pubblicazione “Via haec a Sigestro oppido ad Sarzanam urbem ferens. Pignone e le sue vie tra Medioevo ed Età Moderna” curata dal dottor Daniele Calcagno. Il passaggio dell’imperatore viene accuratamente ricostruito ed è esaminato puntualmente anche il contesto storico e politico dell’epoca.
Il passaggio di Enrico VII non avvenne durante la Pasqua ma bensì in precedenza e cioè domenica 20 febbraio di quel fatidico 1312, durante il viaggio verso Pisa, città dalla quale il giovane sovrano raggiungerà poi Roma per essere incoronato imperatore. Ma perché deviare il percorso via terra e scendere in Val di Vara anziché proseguire direttamente per Portovenere lungo l’attuale tracciato di crinale dove era previsto l’imbarco nei giorni successivi per Pisa? Enrico VII arriva a Pignone da Sestri Levante via terra lo stesso giorno in cui era partito e cioè domenica 20 febbraio per proseguire il giorno successivo, 21 febbraio, e raggiungere prima di sera Portovenere. Al seguito del giovane sovrano erano presenti ben millecinquecento persone, compresa la corte ed i soldati, che dovevano quotidianamente provvedere a montare e smontare il campo compreso il padiglione riservato all’imperatore. La causa del passaggio a Pignone è da ricondurre alla forte influenza politica della famiglia Fieschi in quel periodo. Al seguito di Enrico VII c’è infatti un personaggio importante della Curia romana, il cardinale Luca Fieschi, uno dei tre che il 29 giugno 1312 lo incoroneranno imperatore in San Giovanni in Laterano, figlio del conte Nicolò e nipote di papa Innocenzo IV. Sarà proprio il Fieschi a far conoscere al sovrano, durante il viaggio dal Tigullio a Pignone, le residenze signorili e gli edifici religiosi fatti costruire dalla famiglia, ivi inclusa la pieve di S.Maria Assunta, fra le più importanti e influenti della diocesi lunense.
Considerazione conclusiva. Cosa è rimasto, si chiede Daniele Calcagno, del borgo di Pignone che ospitò Enrico VII? Forse l’antico rosone, le parti basamentali della torre campanaria e del ponte Vecchio all’ingresso del paese ricostruito sapientemente dopo l’alluvione dell’ottobre 2011. Piccole ma significative presenze di un glorioso passato!
Una curiosità per finire. Nella piazza principale del paese intitolata a Guglielmo Marconi e un tempo ai Savoia si staglia, leggermente sopraelevata, una loggia in pietra. Daniele Calcagno e Alfredo Remedi hanno esaminato in modo approfondito la natura dell’edificio per capire periodo di costruzione e funzione. La ricerca ha portato ad una conclusione davvero singolare che esclude la nascita della loggia durante il Medioevo e ci fa conoscere meglio la figura di Bernardo Rivarola, genovese, sposato ad una Spinola, al quale è dedicata una lapide in marmo sulla facciata del piccolo manufatto a ricordo della riapertura di una strada risalente al Medioevo. Per ricordare ai posteri, aggiungiamo noi, la grandezza della Serenissima.
Nel 1604 il Rivarola è impegnato, per conto della Repubblica di Genova, nella costruzione di un nuovo tracciato stradale da Sestri Levante a Sarzana che doveva transitare all’interno del borgo di Pignone, rimasto incompleto. Il Nostro pensa bene a documentare, come rileva argutamente Alfredo Remedi, probabilmente l’inizio dei lavori più che la loro esecuzione, facendo costruire una sorta di arco trionfale celebrativo al quale solo successivamente sarà posto in aderenza una loggia per la sosta di pellegrini, mercanti e cavalli. L’atto di fedeltà a Francesco Sforza, duca di Milano, da parte dei pignonesi risalente al 28 aprile 1465 che secondo Gino Bellani sarebbe avvenuto sotto la loggia in effetti ebbe luogo nella vicina grande piazza oggi intitolata a Guglielmo Marconi.
Pillole di storia che non cambiano i meriti degli studiosi che nel corso del tempo, con passione e competenza, hanno dato un contributo determinante perché la storia del borgo di Pignone diventasse patrimonio di una comunità. Grazie soprattutto a Gino Bellani e Alfredo Remedi, figli illustri e prediletti di questa parte di Val di Vara che con le loro ricerche hanno fatto sì che un piccolo paese che aveva subito come altri, fra Ottocento e Novecento, imponenti flussi migratori con un forte impoverimento economico e sociale tornasse ad essere un luogo pieno di magia capace di offrire ancora, ne siamo certi, altre sorprese ai moderni viaggiatori. 

NELLA FOTO LA PIEVE DI S.MARIA ASSUNTA DI PIGNONE

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