DAI CIPRESSI DEL PRADO AI CASTELLI PERDUTI
E’ il 1930. Carlo Caselli, corrispondente del quotidiano “Il Telegrafo”, a quel tempo testata ben conosciuta nel panorama spezzino, parte per un viaggio che in quasi tre anni lo porterà a conoscere la Lunigiana, quella che siamo soliti denominare storica per distinguerla dal territorio attuale limitato alla parte compresa nella provincia di Massa – Carrara. Nel suo libro “Lunigiana ignota” pubblicato nel 1933 a conclusione di quella singolare esperienza compiuta spesso a piedi o a dorso di mulo, Caselli ricorda di essere salito dall’abitato di Cavanella, di cui parleremo più avanti, al Fornello, che così descrive “… un gruppo di cinque case, meta di cacciatori, che trae nome da un antico forno per la fusione di minerali cupriferi, che par si trovassero nella roccia serpentinosa, fiancheggiante il sentiero per Manzile, casale questo noto da più di trent’anni per tracce di caolino, scoperto dal Ratti, allora pretore a Calice al Cornoviglio”. Caselli così prosegue nel suo racconto “… Da qui ( cfr.Fornello ) bisogna fare una punta al vicino Stadomelli, dove sono tre rari cipressi secolari, catalogati fra le bellezze naturali d’ Italia, che meritano di essere fotografati. Essi giganteggiano in gruppo meraviglioso presso la chiesa di S.Giovanni, la quale può interessare non poco gli esperti d’arte antica per un arco, da poco messo in luce de’ primi tempi del cristianesimo…”. Fin qui il racconto del Caselli che prosegue il suo viaggio prendendo alle Quattro Strade, dove oggi si trova la cappella della Madonna Pellegrina, sorta negli anni ’50 del Novecento, alla quale la gente del luogo è profondamente legata, la carrareccia che sale a Beverone.
Il cuore dei borghi sparsi che si adagiano alle falde della montagna che domina un lungo tratto di Val di Vara è appunto Stadomelli o meglio il Prado, il nome con il quale era un tempo conosciuto e che ben si attaglia al luogo, con un nucleo antico provvisto di un interessante carruggio interno davanti al quale si erge la chiesa di S.Giovanni con quel che rimane del grande patrimonio botanico rappresentato dai cipressi superstiti. Abbiamo voluto ricordare la testimonianza di Carlo Caselli che risale ormai a cento anni fa per dare una fotografia di un patrimonio storico – naturalistico poco conosciuto che va assolutamente preservato anche se mutilo a causa della perdita di un esemplare nell’autunno del 2018 a causa del forte vento. La datazione delle piante è fatta risalire a quasi trecento anni fa di cui cento testimoniati dallo stesso Caselli che rappresentano di per sé una rispettosa vecchiaia. Se agli inizi del Novecento i cipressi erano catalogati fra le bellezze naturali d’ Italia come egli scrive perché non pensare di inserirli oggi fra gli alberi monumentali della Liguria dove attualmente non compaiono? Così almeno potrebbe essere tutelato quel che rimane di un patrimonio importante per l’intera Val di Vara.
La parrocchiale di San Giovanni Battista risalirebbe, secondo il qualificato parere di Mario Niccolò Conti, a un periodo antecedente l’anno Mille per quanto sia ricordata in documenti successivi del 1296-1297 dove è citata come “Cappella di Stademegio” appartenente alla Diocesi di Luni. All’interno ritroviamo l’arco di cui parla Caselli in stile romanico che ci riporta all’originario edificio.
Alcune annotazioni storiche su Stadomelli. Fu in origine oggetto di aspra contesa fra i Vescovi di Luni e di Brugnato e l’importanza della chiesa al pari della posizione strategica del luogo lo stanno a dimostrare. Poi arrivarono i Malaspina di Villafranca Lunigiana che ne furono a lungo padroni così da determinarne anche le vicende recenti con l’appartenenza alla Lunigiana a cui i territori di Rocchetta di Vara e Calice al Cornoviglio sono rimasti legati amministrativamente fino alla nascita nel 1923 della Provincia della Spezia.
La presenza di una struttura fortificata malaspiniana è documentata nel 1416 in occasione dell’uccisione di Oderico Biassa, rappresentante alla Spezia della Repubblica di Genova, per ordine di Gabriello Malaspina, marchese di Villafranca e signore di Brugnato, ad opera di un gruppo di sicari. La risposta dei Genovesi all’omicidio fu pesantissima con l’occupazione di una quindicina di castelli dello Spino Secco e la distruzione della maggior parte di essi fatta eccezione per alcuni fra i quali quello di Stadomelli. A metà del ‘500 il territorio del Prado unitamente a Cavanella passa sotto Giovan Battista Malaspina e da lui per successione al figlio Alfonso. Ultimo signore è Tommaso Malaspina a cui segue la breve parentesi napoleonica che segna la fine del feudalesimo.
Prima di riprendere il viaggio è consigliabile fermarsi un attimo a guardare il panorama della valle deturpato per fortuna solo in parte dal passaggio dell’autostrada. La targa posta sulla piazza dell’Oratorio, sottostante la chiesa, ci ricorda che qui c’è un pezzo di cuore scozzese, a ricordo delle tante famiglie emigrate in quel Paese all’inizio del XX secolo.
Consigliamo chi ha un po’ di tempo a disposizione di scendere, passando per il Fornello, fino al fiume Vara per vedere il ponte di Brooklyn. Credeteci, non c’è errore alcuno né la pretesa di trovarci per incanto a New York: quello davanti a voi è il caratteristico ponte di Ramello che le persone del luogo chiamano simpaticamente di Brooklyn, con tanto di tiranti e tavolato. Fino a metà del secolo scorso passare le due rive del fiume Vara era impossibile se non utilizzando una sorta di carrucola che collegava coraggiosamente le sponde. La costruzione del ponte fu un risultato per quel tempo eccezionale dopo secoli di isolamento con la vittoria della gente di questa terra, testarda e coraggiosa. Spiace rilevare come oggi il ponte di Brooklyn, che rappresenta un pezzo di storia della Val di Vara e al tempo stesso un’attrazione turistica, sia chiuso e interdetto al traffico in attesa di essere riaperto in sicurezza.
Per arrivare a Cavanella Vara le alternative sono due: ripassare dal Fornello seguendo a ritroso il percorso precedente o prendere lo stradello asfaltato che costeggiando la Vara porta a Oltrevara, il piccolo borgo dove abbiamo concluso il precedente viaggio alla conoscenza di Beverino e Padivarma.
Cavanella Vara, in Comune di Beverino, poco lontano dal fiume, ha una storia, come abbiamo accennato in precedenza, che la lega al Prado e che merita di essere raccontata.
Il borgo dal 5 aprile 1929 ha cambiato Comune con tanto di regio decreto, passando da Rocchetta di Vara a Beverino rimpinguando così i borghi sparsi di quest’ultimo. Anche Cavanella come Stadomelli è legata alla storia dei Malaspina che qui avevano costruito un castello documentato nel 1508. Oggi il fortilizio è inglobato nella chiesa parrocchiale di San Martino Vescovo che nella parte absidale mostra chiaramente la sua origine con la presenza ancora ben evidente della precedente struttura difensiva. Non sono frequenti in Italia casi di castelli diventati chiese e quello di Cavanella Vara è un esempio interessante che consigliamo di conoscere con una breve visita all’edificio non dimenticando di soffermarvi davanti alla grande statua di San Martino posta sul lato del sagrato.
Il paese offre un’altra interessante particolarità andando dalla parte opposta della collinetta che ospita borgo e parrocchiale. Guardando la prima delle case allineate da nord a sud notiamo sulla facciata disegnato un punto interrogativo fatto dipingere secondo la tradizione dall’antico proprietario che, tornato dalla Scozia dove era emigrato, era andato incontro a molte traversie familiari. Alla fine il poveretto pensò bene di lasciare il segno delle tragedie che lo avevano colpito con un punto interrogativo sulla facciata della casa a significare il perché, ovviamente sotto forma di domanda, di tanta sfortuna.
Proseguiamo per Castiglione Vara, ultima località del Comune di Beverino prima di entrare nel Calicese. Il nucleo più antico, già ricordato in un atto del 1321, si distende sulla collina che domina il fiume Vara. Possesso dei Malaspina e dei Vescovi di Luni, fu ceduto da questi ultimi ai Fieschi passando successivamente alla Repubblica di Genova di cui seguì le sorti. Possiamo a giusta ragione rilevare che, diversamente da Stadomelli e Cavanella, Castiglione lega la sua storia alle fortune genovesi: qui i marchesi dello Spino Secco non ebbero vita facile come dimostrano i fatti.
Alcune curiosità.
Con la costruzione dell’autostrada a fare le spese della modernità è stata la chiesa di S.Remigio che risale nella struttura attuale al XVI secolo con modifiche successive. L’edificio ci appare come esiliato verso il fiume con una forte cesura rispetto agli altri piccoli borghi che compongono nel loro insieme Castiglione.
Salendo la strada che porta a Garbugliaga e da qui a Veppo il nuovo costruito si allinea intorno alla antica frazione di Castello, di nome e di fatto. Per apprezzare il borgo medioevale con il suo carruggio, la piccola piazza, l’imponente ingresso alla struttura murata, è necessario salire a piedi fin sulla collina seguendo per intero il percorso ad anello. Le Apuane si stagliano davanti a noi in lontananza mentre su un colle ci appare il castello di Madrignano con il borgo. La fatica è appagata dalla vista che si gode da lassù dove San Remigio in certe giornate sfuma fra le nebbie che risalgono dal fiume, a coprire per un momento la lingua di asfalto che rappresenta il prezzo alla modernità.
Nella foto la chiesa parrocchiale di Stadomelli