DAL BORGHETTO MEDIOEVALE ALL'ABBAZIA LONGOBARDA DELL'ACCOLA

DAL BORGHETTO MEDIOEVALE ALL’ABBAZIA LONGOBARDA DELL’ACCOLA

Borghetto di Vara, a metà della valle, ha subito nel corso dei secoli ferite profonde che ne hanno mutato profondamente il volto. Tralasciamo per un attimo, senza però dimenticarla, la catastrofica alluvione del 25 ottobre 2011 che ha lasciato sul campo morti e danni gravissimi con la ripresa lenta e coraggiosa di una comunità capace sempre di rialzarsi e torniamo indietro nel tempo. Siamo al secondo conflitto mondiale: un violento bombardamento aereo distrugge la vecchia chiesa di S.Carlo, a pianta centrale, e l’abitato vecchio di secoli. Rimane oggi a futura memoria, isolato in fondo alla grande piazza, il grande campanile che all’ignaro visitatore sembra apparire fuori posto e luogo. Il borghetto medioevale è andato distrutto in buona parte insieme alle osterie ottocentesche che animavano il paese ricordate da Ubaldo Formentini in una bella guida storica dedicata alla Val di Vara.
L’antico borgo, sviluppatosi a partire dal XIII secolo grazie all’arrivo di una colonia di “cives” brugnatesi migrata dall’altra parte del fiume Vara per volere di Genova, che andava consolidando il controllo su buona parte della valle, ha rappresentato da sempre un punto nodale della viabilità e in epoca recente una stazione importante lungo la moderna via regia postale. Parlare di Borghetto equivale a dire statale Aurelia tornata in epoca recente ad essere una arteria importante dopo un periodo di inopinato e illogico declassamento. La costruzione dell’autostrada ha spostato da decenni i traffici dalla viabilità ordinaria ad una arteria veloce che taglia di netto la Val di Vara con rettilinei e gallerie. Eppure il fascino della vecchia Aurelia rimane intatto con una strada che si percorre oggi con calma e con il gusto del viaggio consapevole che consente al viaggiatore di assaporare il panorama e la buona cucina locale. Un turismo lento del quale è importante, crediamo, apprezzare il valore e le potenzialità!
Tornando alla nascita del borghetto è bene ricordare che nel Medioevo ebbe particolare rilevanza un cammino che dal mare portava in Lunigiana noto come Via dei Monti o Via de Pontremolo. I Genovesi, dopo aver acquistato Levanto dalla famiglia Da Passano e aver assoggettato senza difficoltà alcuna i signori di Celasco che controllavano il passaggio sul monte Bardellone, avevano necessità di costruire insediamenti in posizione strategica lungo il percorso che dal porto canale di Levanto conduceva a Pontremoli e da qui, attraverso la Via Francigena, in Val Padana. Un cammino legato alla fede e ai commerci, calcato per alcuni secoli da pellegrini e mercanti.
Questa identità originaria sarà determinante nel definire Borghetto, divenuto solo in epoca recente Borghetto di Vara per distinguerlo opportunamente da altre località presenti in Italia, come luogo di sosta, attraversamento, ospitalità come documentato dalla presenza di un ospitale dedicato a Santa Maria Maddalena, dipendente dalla Pieve di Zignago. Le cronache ci tramandano che illustri viaggiatori sono passati di qui: tra loro annoveriamo Mazzini, Wagner e Vittorio Emanuele di Savoia.
Ma due vicende in particolare meritano di essere raccontate. L’11 luglio 1809 papa Pio VII, prigioniero dei Francesi e diretto oltralpe, sosta in paese nella casa della famiglia Di Chero posta di fronte all’attuale municipio. Una lapide sulla facciata dell’edificio ne ricorda il passaggio a imperitura memoria. Le cronache dell’epoca raccontano che parroci e fedeli, nonostante la presenza delle troppe francesi al seguito, arrivarono dalla Val di Vara a Borghetto per portare il saluto e il conforto della popolazione al papa. Un altro episodio, un secolo dopo, vede protagonista il 25 settembre 1912, attorno a mezzogiorno, lo scienziato Guglielmo Marconi, diretto a Genova, vittima di uno scontro frontale con un’altra macchina che procedeva verso la città. A seguito del violento urto, avvenuto vicino all’attuale incrocio per Cassana e Pignone, Marconi riportò una grave ferita all’occhio destro con il successivo trasferimento per le cure alla Spezia.
Prima di lasciare Borghetto di Vara consigliamo una visita alla vicina frazione di Ripalta, che rappresentò nell’alto Medioevo per la sua posizione strategica un centro importante: la chiesa parrocchiale di S.Nicolò è ricordata già in epoca carolingia insieme all’abbazia dell’Accola della quale parleremo più avanti. L’antico fonte battesimale di ottima fattura proverrebbe secondo Ubaldo Formentini dall’antica pieve di S.Salvatore d’Ortara che per lo studioso sarebbe riconducibile ad una unità demo-territoriale molto importante compresa fra le pievi di Pignone e Framura. Sia quel che sia Ripalta, contrariamente a come si presenta oggi con le profonde modifiche intervenute nel tessuto urbanistico, ha un passato illustre come testimonia il castello che fu degli Estensi, dei Malaspina e dei Vescovi di Luni prima di finire sotto il dominio di Genova nel XIII secolo che vede lo svilupparsi, fra il torrente Pogliaschina e il fiume Vara, del borghetto.
Il nostro viaggio termina davanti alla abbazia di Santa Maria Assunta della Corte dell’Accola, più semplicemente conosciuta come abbazia dell’Accola. La chiesa di S.Nicolò di Ripalta, indicata nel diploma dell’imperatore Carlo III detto il Grosso e citata nel documento come “S.Nicolosio” a confine della tenuta dell’Accola, ci introduce a parlare dell’abbazia, risalente al periodo longobardo, donata dallo stesso imperatore ai monaci di S.Colombano a conferma di una precedente atto di Carlo Magno. Siamo nell’881 dopo Cristo e da allora l’Accola, pur essendo ubicata territorialmente in Comune di Borghetto di Vara, dopo aver fatto parte integrante per secoli della Diocesi di Brugnato, è ancor oggi di proprietà del Capitolo della Cattedrale brugnatese, nel segno di una storica continuità.
Nel 1482 l’abbazia è ricostruita, come ricorda una lapide, conservando solo in parte le caratteristiche originarie. Al suo interno sono conservati due cicli di affreschi risalenti alla fine del XVII secolo mentre all’esterno, sul portale di ingresso, è visibile la croce dei Vescovi di Brugnato. Nel corso del tempo l’Accola ha avuto funzioni diverse: nel XVII secolo ospitò i frati francescani in attesa che fosse completato il convento di Brugnato, nel secondo conflitto mondiale fu occupata da soldati tedeschi in ritirata. Nei decenni successivi proseguì il lento e progressivo abbandono con la decadenza dell’edificio.
Poi accade qualcosa di incredibile! Alcuni anni orsono un gruppo di cittadini crea una associazione poi trasformatasi in comitato a tutela del sito, che avvia tutta una serie di iniziative volte a far conoscere questo piccolo tesoro dimenticato. In accordo con il Capitolo brugnatese, la Soprintendenza ligure, l’Università di Pisa e un gruppo di archeologi capitanati da Monica Baldassarri che è riuscita nel frattempo anche ad aprire i forzieri del castello di Godano e a donarci una storia incredibile di cui vi abbiamo già parlato, il comitato fa conoscere oltre gli ambiti locali l’incredibile storia di questo gioiello che rischia di andare perduto per sempre. Quella dell’Accola è una storia per fortuna a lieto fine che abbisogna di un ulteriore impegno economico per far sì che altre indagini siano compiute per poter risalire alle origini della piccola struttura abbaziale. L’intervento del MIBAC è stato provvidenziale in un momento difficile come l’attuale rappresentando un riconoscimento concreto alla Val di Vara e alla sua storia millenaria. Peccato che in mezzo a tutto questo, all’impegno della direzione lavori, delle maestranze, delle istituzioni e dei volontari, sia entrata a gamba tesa la pandemia che non ha impedito il completamento delle opere e la riconsegna dell’Accola alla comunità.
Ricordavamo in un passaggio del nostro racconto la Via dei Monti o de Pontremolo che sta rinascendo dall’oblio, nel ricordo affettuoso del professor Tiziano Mannoni a dieci anni dalla scomparsa. Grazie al contributo della Fondazione della Compagnia S.Paolo di Torino è stato avviato recentemente un progetto di valenza biennale che prevede la valorizzazione turistica e culturale del complesso monumentale della pieve di S.Siro di Montale, sulle alture di Levanto unitamente al recupero dell’antico cammino medioevale che, partendo da Levanto, si raccordava con la Via Francigena. Ritornerà così in vita, pur nelle mutate condizioni imposte dalla natura e segnata dalle profonde trasformazioni compiute dall’uomo, una via percorsa a lungo da pellegrini e mercanti che attraversava il borghetto e risaliva all’ abbazia longobarda dell’Accola per dirigersi poi a Brugnato. Una storia affascinante che viene da lontano e che può aiutarci ad andare lontano: basta esserne consapevoli. 

Nella foto particolare del portale di ingresso dell'abbazia dell'Accola dopo il restauro terminato nel dicembre 2020
 

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