SERO' DI ZIGNAGO: SULLE ANTICHE VIE DI TRAGEDIE E SPERANZE

 SERO’ DI ZIGNAGO: SULLE ANTICHE VIE DI TRAGEDIE E SPERANZE


Come ogni paese e paesino della Val di Vara, specie dell’alta Valle, Serò conserva una matrice spiccatamente contadina: patate, grano, granoturco, un po’ di fagioli, sufficiente olio, il latte “autoctono” di mucche e pecore al pascolo, e poi le castagne. Quel generoso frutto di bosco che, comunque andasse l’annata nel comparto agricolo, riusciva a sfamare le famiglie. Aveva pure la disponibilità di un frantoio, in tal modo i paesani potevano conferire le olive a due passi da casa. E contadini di altri paesi privi di siffatto laboratorio, qui si recavano.
C’è una rustica casetta, all’ingresso del paese lato sud, dove la vita s’è fermata a quel periodo della civiltà contadina. Non è più abitata da tempo, però la proprietaria, Sandra Zanini, accuratamente la mantiene quale testimone di un passato che non si deve scordare. Per rispetto del sudato lavoro a braccia e dei sacrifici allora costati. Ecco allora che entriamo in un’angusta cucina annerita dal fumo, con il paiolo sul focolare, agganciato alla catena ancorata ad una trave del soffitto, con utensili vari appesi alle pareti. A proposito del soffitto: c’è prima un sottotetto formato da tante assicelle affiancate, separate un centimetro l’una dall’altra, per agevolare l’essicazione delle castagne distese in quel vano.
Uno scorcio di vita ottocentesca trasformato in museo. Non solo. Il nonno di Sandra andava fiero del proprio frantoio, all’altro capo del paese, ed a tale manufatto la signora Zanini è egualmente affezionata. Lo ha restaurato a proprie spese, stante la necessità, ed è tornato a splendere diventando persino un’attrazione turistica.
Sono sempre più numerosi i turisti in esplorazione della Val di Vara e fra costoro c’è quello che si appassiona all’archeologia. Quello che arriva a Serò e chiede: “Dov’è ?’….”. Il “dove” si colloca ai piedi del versante montuoso dove, su panoramica dorsale, si schiera il borgo di Serò: è l’area, divisa una volta tra coltivi e pascoli, di Novà, dove il 27 dicembre dell’anno 1827 fu trovata la prima statua stele della Lunigiana, fra le più studiate e famose. Un monolite d’arenaria alto appena un metro e otto centimetri, ma straordinario per il mistero che subito lo avvolse a causa di un’iscrizione, dall’alto al basso ed in caratteri etruschi, che suona: Mezunemunus.
Ma molti sono ancora i misteri rimanendo in comune di Zignago e non lontano da Serò. Sono le tracce di remoti castellari e di necropoli sulle vie che al tempo dei Liguri scavalcavano il crinale spingendosi nello Zerasco e da lì in Val Padana con un percorso conosciuto durante il Medioevo come Via Regia che seguiva la dorsale dell’Alta Via dei Monti liguri.
La “Reigada”, la principale mulattiera che, in assenza di vie carrozzabili, collegava Pieve di Zignago e frazioni limitrofe alla piana di Brugnato può considerarsi un segmento basso di quella viabilità. Occupa in ogni caso un posto di rilievo e recita un ruolo importante nella storia di Zignago e non solo, per via della funzione svolta durante la guerra di liberazione.
Ma osserviamola nel suo ordinario abito quotidiano in tempo di pace facendoci accompagnare dalle spiegazioni di un illustre paesano venuto recentemente a mancare, Alberto Righetti, profondo conoscitore del posto e della sua gente, al quale va tutta la nostra riconoscenza e stima.
“Chinà a Reigada….Armuntà a Reigada”. Scendere la Reigada, risalire la Reigada - diceva e scriveva Righetti - sono due modi di dire che facevano il paio, che si bilanciavano, che s’intrecciavano lungo un cammino fatto di “lastreghi” e di terra, un cammino battuto dai passi di tanta gente e dalle zampe di tante bestie”.
Scendere voleva dire partire, risalire significava ritornare. Ritornare da una stagione per chi era andato a falciare il fieno sui monti di Genova; ritornare dopo lunghi mesi per chi era andato a fare il merciaio ambulante nella Francia contadina; ritornare dopo anni ed anni per chi era andato più lontano, nelle Americhe in cerca di fortuna.
La “Reigada” era nello stesso tempo una mulattiera, un sentiero ed una scorciatoia. Una strada per tutti e per tutti i giorni, un via vai continuo dalle prime luci dell’alba ai rintocchi serali del’Ave Maria.
Poi le vie carrozzabili, le automobili, la decadenza degli scarponi. L’immagine che Righetti ci ha lasciato è impietosa: “Oggi essa rimane appoggiata al monte di Serò tale una vecchia scala di legno dimenticata contro il poggio di una fascia abbandonata”.
Nei tempi andati essa era mantenuta larga e liscia dagli scarponi chiodati dei contadini e dai ferri degli animali da soma. Tutti in coda come nelle processioni: muli e asini con i basti stracolmi, uomini con il “pagéto” in spalla sotto le corbe, le donne con cèrcine e paniere, ragazzi e ragazze con fagottini e cavagni.
Questo fervore di vita contadina esisteva ancora nel primo dopoguerra, al tempo della mitica postina Teresa di Borghetto Vara, che sulla “Reigada” consumò sicuramente parecchie paia di scarpe nell’andare e venire, facendo la spola tra Brugnato e Serò per quarant’anni!.
E durante la guerra? Salivano la “Reigada”, assieme agli sfollati dalla città e da paesi vari, soldati sbandati dopo l’8 settembre e renitenti alla leva, per combattere una guerra diversa, per la libertà. Diventò subito via strategica per i “ribelli”, sia per i rifornimenti, sia per il controllo delle valli.
Stagioni piene di angosce e di paure. Specie quando i partigiani presero possesso dei crinali provocando un accanimento di attacchi nazifascisti aventi lo scopo di alleggerire la pressione sulle importanti rotabili di fondovalle.
In questo quadro di sostegno ai partigiani, Federico Ferrari ricorda un toccante episodio che vede protagoniste ignare bambine, mandate dai genitori a deporre su un poggio fagotti di viveri “per braccianti zappatori” che sarebbero presto transitati. Quel pane, quei castagnacci e quel poco di formaggio erano invece destinati ai partigiani..
D’altronde, quando gli indispensabili rifornimenti lanciati dall’aereo tardavano per avverse condizioni meteo, se ne facevano carico contadini e pastori, spartendo pane e polenta.
Quei giorni sono stati recentemente rivissuti (luglio 2014) da una delegazione di militari inglesi e di familiari di soldati britannici periti durante i lanci sui monti dello Zignago e dello Zerasco.
La delegazione era guidata da uno dei tre figli del leggendario maggiore Gordon Lett, comandante del Battaglione Internazionale che operava in zona. Suo figlio Bryan, colonnello dell’esercito, ed i suoi connazionali, nelle tappe da Pontremoli al mare di Levanto, con soste presso i monumenti ai propri Caduti, hanno ripercorso quelle vie strategiche, fermandosi e pernottando anche a Serò. In segno di gratitudine per la passata collaborazione e rendendo omaggio alla “Reigada” per il particolare servizio reso alla causa della Libertà.
Presto, ce lo auguriamo, questa antica percorrenza lungo la quale transitava un tempo la medioevale Via dei Monti o de Pontremolo, tornerà a vivere per collegare ancora Levanto alla Lunigiana. Pensiamo che Alberto Righetti, da qualche parte del cielo, ne sarà contento guardando alla sua ritrovata “Reigada”, antica via di tragedie e speranze.

Nela foto particolare di antichi portali del borgo di Serò





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