LUNGO GLI ANTICHI PERCORSI APPENNINICI, FRA STORIA E LEGGENDA POPOLARE: DA VARESE LIGURE AL PASSO DI CENTOCROCI
Il nostro viaggio in Val di Vara ci porta questa volta alla conoscenza degli antichi percorsi appenninici che oggi come un tempo collegavano l’alta valle, un tempo territorio della Repubblica di Genova, con il Ducato di Parma.
In questo percorso a ritroso nel tempo ci aiuta la strada che in età moderna ha segnato il cambiamento radicale degli interessi delle comunità, spostando il baricentro dei commerci su Varese Ligure. Parliamo del passo delle Cento Croci o di Centocroci, come usualmente si è solito chiamarlo, che diventa l’asse primario di collegamento con la Val Padana.
Questa strada statale, bisognevole di continui interventi di consolidamento a causa del dissesto idrogeologico che rappresenta la perenne spina nel fianco della viabilità, è un percorso da affrontare oggi con calma assaporando l’ambiente alpestre che si incontra salendo, dove gli animali al pascolo sono un tutt’uno con il paesaggio modellato sapientemente e con sacrificio dall’uomo.
Punto di partenza e di arrivo è Varese Ligure dove è d’obbligo conoscere la buona cucina varesina e i suoi prodotti, dai croxetti realizzati con i caratteristici stampi di legno vanto della famiglia Picetti, alla varietà degli ottimi dolci sfornati giornalmente dai laboratori locali.
Salendo verso il passo posto a 1055 metri sul livello del mare avremo modo di fare qualche sosta intermedia alla conoscenza di aspetti interessanti del territorio varesino, un piccolo spaccato di storia locale che consigliamo, quando passate in Val di Vara, di conoscere direttamente. Piccoli tesori nascosti e spesso dimenticati che vi consigliamo di visitare.
Poco fuori dall’abitato di Varese Ligure, ad una grande curva, una piccola indicazione ci segnala il borgo di Taglieto. Armatevi di sano spirito di avventura e di lì a poco sarete arrivati a destinazione. Un pugno di case accolgono il visitatore in un ambiente dove il tempo sembra essersi fermato. Qui, in epoca medioevale, passava un cammino che risaliva la montagna con un piccolo ospitale per pellegrini. Oggi il castagno, la pianta che ha sfamato molte generazioni, rappresenta ancora una realtà interessante che continua a vivere, è bene ricordarlo, grazie a chi ne ha impedito l’abbandono e la dimenticanza.
Ritornati sulla statale proseguiamo il viaggio incrociando ogni tanto qualche macchina che scende a valle. A metà della salita un segnale ci indica la deviazione per Caranza, piccolo borgo alle estreme pendici della grande montagna, il Gottero. Il paese era un tempo un importante punto di passaggio dei traffici dal vicino parmense a mezza strada fra il passo Scassella e il borgo di Porciorasco che si intravede più in basso. Oggi il collegamento fra montagna e fondovalle è precario e meriterebbe di essere ricostruito con gli opportuni adattamenti di percorso.
Oltre ai resti di un castelliere ligure con testimonianze di popolamenti preromani a Caranza merita una visita la chiesa di S.Lorenzo risalente al 1664 con un architrave all’esterno decorato con figure arcaiche.
Il nostro viaggio si conclude al passo di Centocroci chiamato anticamente Lamba. Oggi la dorsale attorno al valico è disseminata di pale eoliche cresciute in nome delle energie alternative e del progresso. E’ indubbio che va trovato al più presto il giusto equilibrio con la montagna e il suo delicato habitat, cosa non semplice ma necessaria e urgente.
Chiudiamo questa nota di viaggio citando Carlo Caselli, “il viandante”, che nell’ormai lontano 1932 visitò Varese Ligure, e che ci accompagna sovente nei nostri percorsi alla conoscenza della Val di Vara. Non sappiamo se il nostro sia arrivato davvero fino al passo che egli descrive citando il manoscritto di padre Antonio Cesena, risalente al 1558, al quale dobbiamo la “fotografia” di quel tempo e tanti aneddoti della storia varesina. Il Cesena racconta che molti viandanti, a causa della nebbia, del vento e della neve, finivano per rimanere vittime di incidenti mortali: da qui il toponimo di Cento Croci dato al valico. Ma la storia si arricchisce di alcuni aspetti davvero inquietanti legati alla presenza di un ospitale sorto per iniziativa delle comunità di Varese, Caranza e della Val Taro. A gestirlo fu messa una persona poco dabbene che ebbe la sciagurata idea di costruire a pochi passi dal ricovero un profondo pozzo dove era solito gettare con alcuni complici i viandanti ritenuti più facoltosi per impossessarsi dei loro averi. La cosa venne alla luce molto tempo più tardi grazie ad alcuni pastori che passavano da lì: fu il fiuto dei cani a scoprire l’esistenza del pozzo e dei resti delle persone che vi erano state gettate. Secondo il Cesena il monaco, o presunto tale, che gestiva l’ospitale, riuscì con i complici a sottrarsi alla cattura ma la tradizione popolare va oltre e racconta di una fuga precipitosa verso le alte faggete del Gottero. Ma non saranno il rimorso o le intemperie a uccidere gli assassini ma, ironia della sorte, un branco di lupi!
Ovviamente questa è leggenda…
Nella foto architrave della chiesa di Caranza in Comune di Varese Ligure