NOVEGINA E FERDANA: UNA NATURA INTENSA QUANTO LA SUA STORIA - PARTE PRIMA NOVEGINA

 Novegina e Ferdana: una natura intensa quanto la sua storia.
Parte prima – Novegina

In località Martinello lasciamo la SP 10 per immetterci, alla nostra destra, sulla SP 8, in direzione Calice Capoluogo. La mole altissima e incombente del castello Malaspina di Madrignano controlla la valle. Entriamo così nel territorio di Calice, che si snoda sulla sponda sinistra dal torrente Usurana. Uno spazio totalmente immerso nel verde, caratterizzato in basso dalla macchia mediterranea prima di incontrare i rigogliosi boschi di castagni, cerri e pini che crescono sui pendii più scoscesi.
Un tempo il bosco era mantenuto per la raccolta delle castagne o dei funghi e il restante spazio era occupato da campi terrazzati strappati a fatica al bosco e sostenuti da poggi di pietre tolte ai campi. Erano così colline ricoperte da uliveti e vigneti, pascoli e alcune coltivazioni di fiori.
In località Pantanelli, alla nostra destra, una ripida e stretta strada unisce il paese di Usurana a Castello di Madrignano. Da lì in poi, mantenendoci sulla provinciale, si percepisce una strana sensazione di isolamento e come se il tempo si fosse fermato. Qua e là si intravede qualche cascina in pietra, un tempo seccatoi, stalle o mulini.
Poco più avanti, a destra, l’antica mulattiera sale ripida dalla provinciale a Novegina di Cima, collegando così i tre nuclei: Novegina di Fondo a quella di Mezzo e poi a quella di Cima da cui, attraverso una strada bianca, andando a destra si raggiunge il Castello di Madrignano e a sinistra l’abitato di Nasso.
Tra queste valli operò la “Brigata Val di Vara” della “Colonna Giustizia e Libertà”. Ne è testimonianza la targa posta lungo la strada provinciale, appena prima del bivio per Novegina, che fa memoria dei due partigiani, Ferrari Attilio e Moretti Giovanni, uccisi nei pressi di Ferdana, durante il rastrellamento dell’ottobre del 1944.
In basso a sinistra ecco apparire il paese di Ferdana e subito, a destra, la strada costruita nel 1986, per Novegina. Novegina appunto, tre nuclei di mezza costa, capaci di organizzazione obbligatoriamente autosufficiente, in simbiosi con Ferdana.
Quel sentiero fiancheggiato da muretti di sasso fatti a regola d’arte, mantenuto in buono stato grazie alle comandate vigenti fino a qualche decennio fa, della cui manutenzione attualmente si occupano sia il Comune che gli abitanti, era percorso giornalmente dai contadini che risiedevano le tre Novegina, dalle loro bestie e dai loro raccolti.
La Novegina di Cima fu la prima a perdersi: è composta, a destra, dalla casa padronale e da quella del mezzadro, a sinistra e al centro dalla piccola cappella dedicata a S. Caterina (25 novembre) e a S. Lucia (13 dicembre). Il quadro di S. Caterina, lasciato dai paesani nella cappella in segno di devozione, venne rubato al pari degli scalini in arenaria e dei portali della casa padronale. In occasione dei festeggiamenti delle sante patrone, don Roberto Loni saliva al paesello, a dorso dell’asino di Pini Vittorio, percorrendo quello che un tempo era stato il sentiero dei pellegrini e la popolazione lo seguiva arrivando anche dai paesi limitrofi. Ancora oggi Anna Pini la ricorda e la dipinge come la terra dell’Eden per la particolare fertilità delle sue terre.
La Novegina di Mezzo è composta da un’unica grande casa, abitata fin tanto che la Mariannina ebbe la forza di salirvi: era il 1988. Poco distante, lungo il canale, funzionava un mulino con grosse macine in arenaria.
Novegina di Sotto è il nucleo, da sempre, più abitato. Voci di bimbi rallegrano il paese solo nei dì di festa. Il paese è infatti popolato da poche anime ma molto unite, propositive e attive. E’ un paesino contornato dal verde dei castagni. L’argento degli olivi è ormai coperto dal verde delle piante parassita dell’edera helix, del luppolo e della vitalba. I vigneti, sebbene la proprietà fosse interamente cintata da rete metallica fissata a pali di castagno, furono in poco tempo distrutti dai cinghiali. Delle stalle degli ovini e delle vasche per irrigare anche i campi destinati alla coltivazione di peonie, heremurus robustos, peschi da fiore e lilium Starzager, non resta che il ricordo. Quei fiori, coltivati dalla famiglia di Pini Vittorio per conto dei fratelli Piero e Tedo Taddei, per tanti anni hanno fatto parlare, per la loro bellezza, il mercato dei fiori di Genova.
Barbara Bernabò sostiene che il toponimo Novegina derivi dalla particolare situazione orografica: Novegina è composta dal suffisso Novel a indicare terreni messi a coltura di recente e derivati da debbio che nel ligure antico sta a significare disboscamento con l’uso del fuoco.
Novegina è paese ricco di storia e leggende. La casa di Pini Vittorio vanta il salotto dei Pini: sembra che il Vecchio Falco della Rupe cioè il famoso Cav. Notaio Emilio Pini, (citato anche dal giornalista Carlo Caselli in Lunigiana ignota) abbia vissuto in quella casa fino all’età di 78 anni, cioè fino a quando la sua famiglia si trasferì alla verde macchia di Villa Morella a Pian di Madrignano.
Altro caseggiato meritevole di attenzione è il vecchio ospitale di Novegina, che non vanta una leggenda ma una semplice filastrocca tramandata oralmente. La tiritera sull’ospitale i la savevi tuti e a desceva: “Nel corridoio detto Pini, c’è un bronzo di quattrini, che tien tre secchie d’acqua”.
Salendo la mulattiera che porta al paese, si para davanti a noi un imponente rudere che incute in certo fascino. Il sentiero lo attraversa con un acciottolato ormai consunto, fino ad arrivare di fronte ad un buio corridoio con tante volte ed archi. Solo in fondo si intravede uno spiraglio di luce: è lo stipite di una porta divelta. Sul corridoio si aprono quelle che dovevano essere le stanze di due o tre frati, i locali riservati ai pellegrini e i resti di una cappella.
Il pellegrino diretto a Santiago di Campostella in Galizia per onorare il sepolcro dell’Apostolo Giacomo passava per la Novegina, perché sapeva che vi avrebbe trovato ospitalità e assistenza. Nel tempo l’ospitale è diventato proprietà privata della famiglia di Pini Giulio ma l’oratorio, che dal 1750/60 è un edificio autonomo, continua ad essere luogo di culto. Il portale sembra essere stato recuperato dalla primitiva cappella che era stata edificata in località Bozo, un terreno tra Novegina e Ferdana, vicino al torrente Usurana e che fu distrutta da un’alluvione. L’oratorio è dedicato a San Giacomo, a Sant’Antonio Abate, a Sant’Agostino e la casata dei Pini nel volgere dei decenni ha sempre rispettato i legati ad esso connessi.
Poiché sull’architrave dell’odierna casa Pini Vittorio figura la data MDCCLXXXV, i Pini ritengono che i due edifici possano essere dello stesso periodo. Le linee architettoniche della costruzione religiosa sono semplici e la superficie della facciata termina a forma triangolare. Sopra l’architrave del portale un bassorilievo in marmo raffigura la Madonna del Buon Consiglio con inciso la dicitura “SS Vergine del Buon Consiglio per noi pregate nostro figlio.1787” Potrebbe essere un pio lascito del Granduca di Toscana Pietro Leopoldo II. L’interno dell’oratorio è sobrio. Proprietaria dell’oratorio è la Parrocchia S. Maria Lauretana di Calice al Cornoviglio. Nel Duemila è stato oggetto ad interventi di restauro conservativo.
Novegina vuol continuare ad essere una comunità viva: da alcuni anni i compaesani si ritrovano per realizzare il Presepe diffuso, una manifestazione in cui i presepi, provenienti da diversi parti del mondo, sono esposti sia nell’oratorio che in ogni angolo del paese. Per la festa di S. Giacomo il 25 luglio il borgo si anima di tanti spaventapasseri, testimoni silenti della tradizione contadina. Per il 28 agosto, festa di S. Agostino, la S. Messa viene animata dalla Corale S. Francesco di Lerici.
Paola Pini ha ricavato qui il laboratorio della sua azienda apistica proprio in una parte dell’ospitale che anni orsono la famiglia Pini acquistò e adattò a civile abitazione, per continuare la secolare tradizione che vuole il territorio calicese fra le eccellenze a livello nazionale in tema di mieli.

Nella foto un tratto della mulattiera a Novegina di sotto


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