DEBBIO E LA STORIA DI UN ANTICHISSIMO TOPONIMO

 DEBBIO E LA STORIA DI UN ANTICHISSIMO TOPONIMO

Il nostro viaggio alla scoperta della Val di Vara, che si approssima lentamente alla conclusione, continua questa volta nello Zignago, terra antichissima che richiama la presenza di popolamenti umani di altura. Qui il legame fra un lontano passato rappresentato delle comunità liguri apuane e quelle che popolano oggi orgogliosamente questa terra è profondo, radicato, con una continuità che affonda le radici nella pratica millenaria dell’allevamento e dell’agricoltura di montagna.
Fermiamoci un momento a Debbio, piccolo borgo che incontriamo alla nostra sinistra percorrendo la strada provinciale che da Pieve di Zignago porta a Sesta Godano e visitiamolo con la calma. Qui troveremo la chiesetta di San Bartolomeo all’inizio del paese, l’ampio carruggio principale e i caratteristici volti ma anche le reminiscenze del recente passato con due proclami sui muri, sbiaditi ma ancora visibili, che inneggiano alla politica mussoliniana a favore delle comunità contadine. Qui a Debbio, a partire dal marzo 1945, ebbe la sua base logistica il battaglione partigiano “Zignago” trasferitovi da Montelama nello Zerasco all’approssimarsi della fine della guerra. L’antico mulino, dismesso da decenni e relegato al silenzio dopo oltre due secoli di operosa attività, è la testimonianza della vita contadina di un tempo e ci ricorda la storia del grano giancu, qui coltivato da generazioni in forma del tutto residuale, una sorta di frumento identitario della comunità con una storia singolare alle spalle.
A sua volta l’attuale rete sentieristica richiama antichi percorsi lungo la direttrice che tocca a mezza costa Imara, Sasseta, Valgiuncata e Torpiana collegandole ognuna all’Alta Via dei Monti liguri. Ancor oggi da Debbio è possibile risalire fino al Castellaro dove si incrociano le mulattiere provenienti dai Vezzanelli e da Pieve: nel loro insieme queste antichissime vie hanno come riferimento costante il monte Dragnone, imponente e dirupato sul versante che guarda Suvero.
Rimane, ne siamo certi, nel viaggiatore interessato alla storia locale la curiosità di conoscere il perché di un toponimo singolare come Debbio che compare sulla bacheca che ci introduce al paese. Nel libro “La lingua dimenticata. Alla scoperta delle parole degli antichi Liguri attraverso i nomi dei luoghi” edito nel 2008 da Luna Editore ad opera dello studioso Lorenzo Marcuccetti, versiliese, compare la voce proto-ligure debelis. Il termine, citato nella antica Tavola di Veleia, colonia romana sull’Appennino piacentino di cui sono ancora visibili gli imponenti resti, stava ad indicare una particolare tecnica agricola e silvopastorale diffusa nel mondo ligure arcaico, sopravvissuta con il termine debbio, conosciuto a partire dall’VIII secolo. Come ricorda Marcuccetti questa pratica prevedeva l’abbruciamento del mantello vegetale dei terreni con l’utilizzo del fuoco per dissodarli, ben prima della diffusione di strumenti agricoli in ferro.
Nel territorio ligure – apuano il debbio è stato in uso fino a qualche decennio fa limitato oggi anzitutto dalle severe norme in materia di prevenzione degli incendi. Il toponimo è molto diffuso in quello che fu il territorio ligure – apuano, dal territorio massese alla Garfagnana fino all’Alta Versilia, declinato spesso al femminile come nel caso della Debbia in Comune di Rocchetta di Vara. Anche in Val di Vara il toponimo è presente ed ancora radicato come nel caso del territori di Bolano e Riccò del Golfo. Anche il toponimo Debeduse, dal piccolo borgo del Calicese, richiama la sua antica origine legata al debbio, con la speranza di non aver dimenticato qualche altra località. Aggiunte e correzioni sono al solito ben gradite!
Lo storico Emilio Sereni al sistema agricolo del debbio nella Liguria antica dedica una interessante ricerca pubblicata nell’ormai lontano 1953 dalla Accademia lunigianese di Scienze, Lettere ed Arti “Giovanni Capellini” che ha la sua storica sede alla Spezia. Sereni analizza lo sfruttamento dei terreni montani prima della conquista romana in Liguria rilevando come culture tipiche del sistema del debbio siano quelle della segale, del miglio e del panico la cui presenza è stata confermata non casualmente nello Zignago durante la lunga campagna di scavi condotta dal professor Tiziano Mannoni e dall’ISCUM di Genova. Il debbio rimane pratica largamente diffusa anche successivamente alla dominazione romana ed alla caduta dell’Impero se è vero che gli statuti medioevali delle comunità liguri ne parlano ancora diffusamente malgrado l’affermarsi di nuove tecniche agricole e prevedendo norme severe tendenti a ridurre i pericoli di incendio dovuti al ricorso del debbio.
Ed è così che l’antichissimo termine di debelis continua a sopravvivere in questo mondo complesso, fatto spesso di frenesia e superficialità, in un piccolo borgo dello Zignago che divide questo singolare onore con altri paesi della Val di Vara a conferma che un pezzo di storia del mondo agricolo di un tempo ormai lontano è davvero ancora in mezzo a noi!

Nella foto un momento della mietitura meccanica del grano a Debbio in Comune di Zignago

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